Domande frequenti

  1. Per quale motivo dovrei donare il mio sangue? 

  2. Non mi importa donare; tanto se ho bisogno ci pensa l'ospedale 

  3. A me non importa nulla; se ho bisogno, il sangue lo pago 

  4. Ma perché non ci pensa lo Stato? 

  5. Quando l'Avis seleziona gli aspiranti donatori, prende tutti per farli diventare donatori 

  6. Donare sangue fa male? 

  7. Donare sangue non fa male alle donne che sono già soggette alle perdite dovute al ciclo mensile? 

  8. Ma i risultati delle mie analisi non vengono a conoscenza del personale Avis? 

  9. Perché i donatori Avis sono "periodici"? 

  10. Donando periodicamente non corro il rischio di assuefarmi alla donazione, per cui alla fine donare diventa una mia necessità? 

  11. Il mio sangue è raro, perché mai dovrei donarlo ad altri? 

  12. Cos'è la donazione di plasma? 

  13. Che cosa è l'autotrasfusione? 

  14. Quali vantaggi ho ad iscrivermi all'Avis? 

  15. Con quale denaro funziona l'Avis? 

  16. Ogni anno sento parlare di carenza estiva; ma non ci pensano i donatori? 

  17. Che cos'è la talassemia? 

1) - PER QUALE MOTIVO DOVREI DONARE IL MIO SANGUE?
Donare il proprio sangue significa poter salvare vite umane.
Significa mettere a disposizione della collettività, degli altri, uno strumento di insostituibile solidarietà umana.
Donare sangue è un atto volontario e non retribuito, che fa appello al nostro senso civico di aiuto verso chi ne ha bisogno.
Tuttavia, in Italia attualmente non è stato ancora raggiunto l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale: esistono ancora profondi squilibri tra le diverse regioni del nostro Paese nella raccolta del sangue per cui il divario fra la raccolta e il reale bisogno non trova compensazione e ci si trova in uno stato di emergenza di carenza e pertanto, la donazione potrà contribuire a sanare questo divario. 

2/3/4) - NON MI IMPORTA DONARE; TANTO SE HO BISOGNO CI PENSA L'OSPEDALE
Il sangue umano è un "bene" che, fino ad oggi, malgrado le notizie circolanti sullo stato delle ricerche, è "prodotto" esclusivamente dalle persone, e pertanto:

  1. nessuna struttura ospedaliera è in grado di assicurare alcuna terapia trasfusionale senza la preventiva disponibilità dei donatori; 

  2. per lo stesso motivo, la disponibilità del "bene sangue" non dipende dal mercato, quindi non ha un prezzo economico; 

  3. per le ragioni esposte nei punti a e b, lo stato non può che affrontare il problema - e deve farlo - con campagne di sensibilizzazione verso la popolazione e creare gli strumenti normativi per garantire la massima sicurezza possibile e l’ottimizzazione del sistema trasfusionale in tutte le sue articolazioni.

5) - QUANDO L'AVIS SELEZIONA I DONATORI, PRENDE TUTTI PER FARLI DIVENTARE DONATORI
Chiunque abbia compiuto i 18 anni di età ed abbia un peso corporeo non inferiore ai 50 kg. può presentarsi presso una qualsiasi sede AVIS e chiedere di iscriversi all’Associazione per poter donare il proprio sangue.
Chiaramente questi requisiti, non sono sufficienti a far sì che chiunque lo voglia diventi automaticamente un donatore. Una volta iscritto il candidato donatore verrà sottoposto a un colloquio e a una visita, effettuati entrambi da un medico, ed ad accertamenti di tipo diagnostico e strumentale per accertare se vi siano delle controindicazioni alla donazione.
In particolare esiste una precisa disposizione di legge, il decreto del Ministro della Sanità del 15 gennaio 1991 "Protocolli per l’accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emoderivati" pubblicato sulla G.U. del 24.01.1991 che contempla tra i criteri di esclusione della donazione del sangue, tutte le situazioni giudicate a rischio. Ciò al fine di garantire nel miglior modo possibile la salute sia del donatore sia del ricevente. 

6) - DONARE SANGUE FA MALE?
Per un adulto sano che si sottopone regolarmente alle valutazioni di idoneità la donazione non comporta alcun rischio.
Esistono precise disposizioni che regolano la raccolta del sangue: la quantità del sangue che viene sottratta mediamente ad ogni prelievo è minima ed è stabilita con Decreto Ministeriale in 450 centimetri cubi più o meno il 10%, e comunque in percentuale inferiore al 15%, pari a circa il 10% del sangue presente nell’organismo umano. L’intervallo tra una donazione di sangue intero e l’altra non deve essere inferiore a 90 giorni.
La frequenza annua delle donazioni non deve essere superiore a 4 nell’uomo e a 2 nelle donne in età fertile.
I controlli e le visite periodiche costituiscono inoltre medicina preventiva, a tutela dello stato di salute generale del donatore. 

7) - DONARE SANGUE NON FA MALE ALLE DONNE CHE SONO GIÀ SOGGETTE ALLA PERDITE DOVUTE AL CICLO MENSILE?
La donazione di sangue per le donne non ha alcuna controindicazione. Tuttavia lo Stato, attraverso il D.M. 15/01/1991 "Protocolli per l’accertamento della idoneità del donatore di sangue ed emoderivati", proprio in considerazione del problema rappresentato nella domanda cautela le donne imponendo un massimo di due donazioni l’anno, che, invece, per l’uomo salgono a quattro. Il monitoraggio costante della emoglobina, effettuata preliminarmente ad ogni donazione, e del ferro, assicurano la tutela della salute delle donatrici. Le stesse risultano essere particolarmente "adatte" alla donazione di plasma in aferesi che non incide assolutamente sulla parte corpuscolata (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine). 

8) - MA I RISULTATI DELLE MIE ANALISI NON VENGONO A CONOSCENZA DEL PERSONALE DELL'AVIS?
La massima discrezionalità e segretezza dei risultati delle analisi vengono garantite dal segreto medico e dalla legge sulla "Privacy" che individua le "figure" responsabili e quindi anche perseguibili al trattamento dei dati in questione. 

9) - PERCHÉ I DONATORI AVIS SONO "PERIODICI"?
L’attività di AVIS è finalizzata a promuovere una donazione "sicura" del sangue e a rispondere efficacemente alle esigenze dei bisogni mirati e quindi programmati dei Servizi Trasfusionali, in funzione dell’obiettivo della "sicurezza". L’Associazione annovera tra le proprie file solo donatori periodici, ovvero donatori che ad intervalli regolari si recano presso le strutture trasfusionali per donare il loro sangue.
I donatori Avis sono inoltre anonimi, volontari non retribuiti, responsabili.
Queste persone quindi, a differenza dei donatori occasionali, sono molto controllate dal punto di vista medico, poiché vengono costantemente sottoposte ad un’accurata visita e ad attenti controlli sul loro sangue e poiché la loro scelta di donare è libera, non condizionata da altri fattori come quelli emozionali, risultano molto più affidabili degli occasionali.
Il ricorso ai donatori periodici consente inoltre: 

  • maggiore programmazione della raccolta del sangue; 

  • possibile "conversione" dalla donazione tradizionale di sangue intero a quella differenziata mediante aferesi; 

  • gestione anche delle situazioni di urgenze - emergenze; 

  • effettuare educazione sanitaria. 

10) - DONANDO PERIODICAMENTE, NON CORRO IL RISCHIO DI ASSUEFARMI ALLA DONAZIONE, PER CUI ALLA FINE DONARE DIVENTA UNA MIA NECESSITÀ?
La donazione periodica non implica nessun processo di "assuefazione" nel senso "scientifico" del termine, ove per assuefazione si intende l’impossibilità di rinunciare alla pratica di determinati comportamenti (vedi assunzione di droghe), assumendo il termine, in questo caso, una connotazione negativa comportando un danneggiamento psichico-fisico per la persona.
Nel caso della donazione del sangue esiste una regola di periodicità nella donazione per garantire la sicurezza del sangue donato.
Se la conseguenza a compiere quest’atto di estrema solidarietà può essere quello di ripeterlo a scadenze regolari questo non potrà che farci sentire meglio nel senso della gratificazione che si può provare nell’aiuto dato gratuitamente a qualcuno, avendo recuperato un valore umano prezioso. 

11) - IL MIO SANGUE È RARO; PERCHÉ MAI DOVREI DONARLO AD ALTRI?
Donare il proprio sangue è un atto volontario e gratuito e rappresenta una delle massime espressioni di manifestazione di solidarietà verso gli altri. E’ un atto di estrema generosità che permette di salvare la vita di altre persone.
Proprio il fatto che il sangue sia raro implica la necessità di metterlo a disposizione di altri individui che potrebbero trovarsi in situazione di bisogno. Pensa di essere tu al loro posto. 

12) - COS’È LA DONAZIONE DI PLASMA?
Il sangue è composto per il 45% circa di cellule, la parte corpuscolata, e per il 55% circa di plasma, la parte liquida.
Le funzioni del plasma sono numerose. Mantiene costante il volume di sangue circolante, da ai tessuti e alle cellule sostanze prevalentemente di tipo nutritivo e di regolazione (ormoni, vitamine), raccoglie tutte le sostanze di rifiuto derivanti dal metabolismo delle cellule e le elimina attraverso le reni e il sudore, interviene nei processi di difesa immunologica e nelle coagulazioni.
Oggi è possibile effettuare una donazione mirata (aferesi); cioè solo di alcuni componenti del sangue e, tra questi, il plasma.
Nell’aferesi (termine greco che significa l’atto del "portar via"), attraverso l’uso di moderni apparecchi, i separatori cellulari, si ottiene dal sangue del donatore soltanto quella componente ematica di cui si ha necessità in quel particolare momento, restituendogli , contemporaneamente, i restanti elementi. Ciascun separatore cellulare centrifuga o filtra istantaneamente il sangue che defluisce da un braccio del donatore trattenendo il componente ematico necessario e restituendogli il rimanente. Con il prelievo in aferesi si ottengono concentrati cellulari o plasmatici più ricchi e quindi più idonei per un’efficace terapia trasfusionale di supporto.
Una volta raccolto, il plasma viene conservato diversamente dal sangue intero e dai concentrati di globuli rossi, essendo congelato (se a temperatura inferiore a 30° C, può essere utilizzato per un periodo massimo di 12 mesi).

13) - CHE COS’È L'AUTOTRASFUSIONE?
È una procedura trasfusionale che si realizza mediante predeposito, recupero perioperatorio, emodiluizione.
Il più utilizzato è il predeposito che è una tecnica trasfusionale che consiste nel prelevare il sangue da un donatore che sarà anche lo stesso ricevente, allo scopo di compensare le perdite ematiche che si possono verificare nel corso di interventi chirurgici programmati.
In questa situazione si provvede al prelievo di unità di sangue dal paziente, in fasi successive, fino a raggiungere la quantità prevedibilmente necessaria, alcuni giorni prima dell’intervento in modo da consentirne l’eventuale utilizzo. Il sangue così ottenuto viene conservato secondo le metodiche tradizionali e quindi restituito, in caso di necessità, durante l’operazione.
I principali vantaggi dell’autotrasfusione consistono nell’eliminazione delle reazioni di incompatibilità e del rischio di trasmissione di malattie infettive; nella riduzione del rischio di immunizzazione da antigeni diversi, con possibili manifestazioni a distanza; nel considerevole risparmio di sangue che è possibile conseguire, soprattutto per quanto riguarda i gruppi più rari. 

14) - QUALI VANTAGGI HO AD ISCRIVERMI ALL‘AVIS?
Un nostro slogan recita: donare sangue: una scelta per gli altri, una scelta per se stessi. In questa essenza c’è la risposta alla domanda. A livello individuale si ha la gratificazione morale di concorrere alla soluzione di un grave problema e l’orgoglio di appartenere ad una componente attiva del volontariato socio-sanitario, decisiva per la costruzione del sistema trasfusionale. Inoltre, donare regolarmente sangue garantisce al donatore un controllo costante del proprio stato di salute attraverso visite mediche ed accurati esami di laboratorio, eseguiti ad ogni prelievo. 

15) - CON QUALE DENARO FUNZIONA L’AVIS?
L’AVIS è una associazione di volontari che sostiene economicamente la propria azione con i rimborsi, stabiliti da un decreto ministeriale ed erogati per convenzione con le Aziende Sanitarie, delle spese sostenute per la promozione della donazione, l’invio dei donatori ai Centri Trasfusionali e/o per la raccolta diretta delle unità di sangue.
Altre fonti di finanziamento sono costituite da contributi di Enti Locali e donazioni private.
Essendo una associazione di volontariato nessun socio, impegnato nell’associazione a qualunque titolo e con qualunque funzione, percepisce compensi.
Sono stipendiati tutti i dipendenti che svolgono un lavoro permanente nel’associazione.
Come previsto dalla legge sul Volontariato n. 266/91, tutti i volontari sono assicurati. 

16) - OGNI ANNO SENTO PARLARE DI CARENZA ESTIVA, MA NON CI PENSANO I DONATORI?
La carenza di sangue nei mesi estivi è purtroppo un dato di fatto, per cui storicamente in Italia in questi mesi, ma ora anche nel corso dell’intero anno, si rilevano nelle regioni forti contrazioni nella raccolta a fronte di un fabbisogno stabile, poiché la partenza per le vacanze interrompe drasticamente i consueti flussi di raccolta.
La donazione dei donatori abituali non è sufficiente a scongiurare il pericolo della carenza, creando seri problemi per i malati.
Per questa ragione AVIS, da anni ha avviato un’attività di sensibilizzazione nei confronti della popolazione per garantire l’afflusso dei donatori a intervalli regolari presso le strutture trasfusionali, e ridurre il ricorso alle donazioni occasionali che sono un fattore di rischio per la sicurezza delle trasfusioni. 

La Talassemia

Con il termine di talassemia, o anemia mediterranea, si intende un gruppo di malattie ereditarie caratterizzate dalla produzione di globuli rossi anormali. Tale alterazione del sangue é più o meno grave, per cui porta a danni clinici molto diversi, arrivando, attraverso stadi intermedi, dallo stato di portatore sano che ha una normale aspettativa di vita, alla "alfa talassemia maior" che porta inevitabilmente alla morte già nel corso della vita intrauterina. 

In Italia la forma più comune è la beta talassemia perché in questi pazienti (detti beta zero) è assente del tutto o parzialmente (pazienti beta più) la produzione delle cosiddette catene beta (dell'emoglobina) che servono a trasportare l'ossigeno dai polmoni ai tessuti, dopo la nascita.
In termini pratici, i talassemici hanno nel loro sangue una quantità più o meno alta di globuli rossi con la struttura e le capacità funzionali adatte alla vita intrauterina. 

E' evidente che la gravità della malattia è proporzionale alla percentuale di emoglobina "fetale" presenti nel loro sangue dopo la nascita. 

I globuli rossi dei talassemici sono dunque anormali, più piccoli (la malattia è detta perciò microcitemia dal greco micros = piccolo), incapaci di ben trasportare l'ossigeno e per di più sopravvivono meno del normale. 

L'organismo cerca allora di compensare tale situazione, cercando di produrre un numero più alto di globuli rossi espandendo il midollo osseo e aumentando l'assorbimento intestinale del ferro. Nel caso di persone che hanno ereditato la malattia da uno solo dei genitori, questo sistema funziona ed allora si parla di beta talassemia minor. 

Il paziente è talvolta pallido e astenico (cioè un po’ più debole del normale); è soprattutto un "portatore sano". 

Nei casi gravi (morbo di Cooley o beta talassemia maior), cioè in quei malati che hanno ricevuto i geni della malattia da entrambi i genitori, questo tentativo di compenso è inefficace a correggere l'anemia, anzi, a sua volta provoca ulteriori danni all'organismo perché, l'espansione midollare, oltre certi limiti, deforma le ossa e il ferro assorbito in eccesso si deposita su tutta la persona, danneggiando il fegato, le ghiandole endocrine, il pancreas, provocando diabete e complicazioni cardiache che sono attualmente la causa più comune di morte. Questi pazienti manifestano i segni della malattia già nei primi mesi di vita e, se non curati, muoiono in tenerissima età, non superando la pubertà. 

Distribuiti con maggiore incidenza in Sardegna, nell'Italia meridionale, nel delta del Po e a Torino, per la forte colonia sarda di lavoratori alla Fiat, in tutta Italia ci sono circa due milioni e mezzo di portatori sani (e la maggior parte non sa di esserlo) a fronte di oltre settemila ammalati nella forma grave che diventano oltre venticinquemila se teniamo conto anche degli altri popoli che si affacciano sul Mediterraneo. 

In lingua greca thalassa significa appunto mare e questo è più diffuso tra le popolazioni costiere e molto meno tra gli abitanti delle zone continentali o montuose. 

Come si lega la talassemia all'AVIS?
La risposta sta nel fatto che l'unico aiuto ai malati gravi arriva dalla trasfusione di sangue. La cura della talassemia, infatti, si è evoluta attraverso vari periodi storici: 

  1. Fino al 1955 i bambini ammalati avevano in media due o tre anni, pochissimi arrivavano ad otto - nove anni. 

  2. Dal 1955 al 1965 cominciarono ad essere effettuate le prime trasfusioni solo quando l'anemia diventava molto grave; con questo sistema i bambini riuscivano a sopravvivere fino a dieci, dodici anni in media, con una scadente qualità della vita. 

  3. Anni 1965 - 1980: praticando tempestive trasfusioni periodiche, la durata media della vita dei malati arriva a circa venti anni con una migliore qualità della vita in regime ipertrasfusionale.

  4. Dal 1980 si attua il regime "supertrasfusionale": si pratica cioè un numero di trasfusioni così alto da impedire al malato di andare in anemia. Questa tecnica, associata in alcuni casi alla asportazione chirurgica della milza e sempre alla terapia chetante (che elimina la quantità eccessiva di ferro della trasfusione), ha portato la durata media della vita dei pazienti oltre i trenta anni e con qualità di vita praticamente normale. 

Come per molte altre malattie, la talassemia maior si può prevenire attuando un piano di educazione sanitaria e di informazione agli individui portatori sani sull'entità del rischio che corrono se intendono avere dei figli con un altro portatore sano. 

In Italia nascono circa cinquecento bambini ogni anno ammalati in modo grave e spesso i genitori protestano per non essere informati di correre tale rischio. In ogni caso c'è poi la possibilità di effettuare con sicurezza al 99 % la "diagnosi prenatale" di talassemia attraverso il prelievo di sangue fetale alla diciotto - ventesima settimana di gestazione, trovandosi i geni della beta talassemia sul cromosoma undici e quelli della alfa talassemia sul cromosoma sedici. 

Nel prossimo futuro si spera di arrivare alla guarigione totale dei pazienti gravi con il trapianto di midollo osseo o di geni del midollo osseo che portino comunque alla normale produzione delle proteine (catene alfa e beta) mancanti. 

Anche le cellule fetali (di fegato) trapiantate si sono dimostrate capaci di produrre globuli rossi con emoglobina normale. 

Come ultime informazioni o curiosità ricordiamo che il sangue trasfuso ai talassemici deve essere privato dei globuli bianchi e che l'essere microcitemici conferisce resistenza alla malaria superiore a quella di coloro che non lo sono ed è quindi facile capire perché attualmente vive un numero di microcitemici superiore alla media nazionale nelle zone una volta paludose e infestate dalle zanzare portatrici della malaria. 

Due segnalazioni: 

  1. Il fatto che una persona abbia globuli rossi più piccoli (abbia cioè la microcitemia) non significa automaticamente che sia affetta ereditariamente da talassemia, ma può darsi che sia carente di ferro o intossicata da piombo.

  2. Da una coppia di portatori sani non obbligatoriamente nascono solo figli malati gravi, ma per le leggi della genetica possono nascere anche figli microcitemici portatori sani e addirittura figli perfettamente sani (senza che siano neanche potatori sani).

IMPORTANTE
per ulteriori informazioni leggere il comunicato informativo dei medici del centro trasfusionale di Larino.
Comunicato Informativo